venerdì 20 marzo 2009

Postilla

Un lettore spagnolo, Martín, mi ha cortesemente fatto notare che nel post di ieri non era opportuno citare la frase di san Josemaría Escrivá de Balaguer (Cammino, n. 14), dal momento che essa sarebbe solo la "variazione" di una famosa frase di don Chisciotte. Capisco che per uno spagnolo ciò possa suonare strano, ma a noi che non siamo di cultura ispanica certe risonanze sfuggono. Io ho letto e volentieri rileggo le opere di Mons. Escrivá; confesso di non conoscere quelle di Cervantes. Semmai direi che sarebbe opportuno che, nelle traduzioni delle opere del fondatore dell'Opus Dei, mettessero qualche noticina, che permettesse agli stranieri di cogliere gli influssi che certi pensieri potrebbero aver subito.

Comunque, incuriosito dall'osservazione, mi sono messo alla ricerca, su internet, del contesto originario del detto. Ebbene, non è poi cosí semplice trovarlo. Innanzi tutto, si incontrano molteplici varianti: "Los perros ladran, señal de que vamos avanzando"; "El perro ladra; la caravana pasa"; "Deja que los perros ladren, Sancho, esa es señal que vamos pasando"; "Deja que los perros ladren, Sancho, señal es que cabalgamos". A quanto pare, tale detto viene comunemente riportato nei libri scolastici spagnoli e attribuito a Cervantes; come fonte viene indicato il romanzo El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha y su fiel escudero Sancho Panza; ma poi nessuno riesce a rintracciare quella frase nell'opera. Sembra che essa sia stata attribuita a don Chisciotte da Orson Wells in Don Quijite cabalga de nuevo.

In ogni caso, sebbene una certa dipendenza da don Chisciotte sia innegabile, non mi sembra che il pensiero di Mons. Escrivá possa essere considerato una semplice "variazione" di esso. Aggiunge diversi elementi totalmente assenti nella supposta "fonte". Per esempio, che le energie e il tempo siano di Dio, non mi sembra un particolare secondario; l'invito a ignorare i cani che abbaiano nel supposto detto di Cervantes non è poi cosí forte (anche la forma ha la sua importanza).

Un'altra obiezione che mi fa Martín è che non cito mai il mio fondatore, sant'Antonio Maria Zaccaria. È vero. Fa parte dello stile dei Barnabiti valorizzare ciò che di buono si trova ovunque, senza imporre a nessuno le nostre ricchezze, che rimangono come un tesoro nascosto. Ma capisco che non è giusto: sant'Antonio Maria Zaccaria non è un monopolio dei Barnabiti; è un santo della Chiesa cattolica, ed è quindi giusto che anche altri lo conoscano e possano fruire delle sue ricchezze spirituali. Accolgo pertanto il rilievo e mi impegno a fare, almeno in qualche occasione, riferimento al nostro fondatore. Ma con discrezione.