martedì 13 ottobre 2009

Fede e impresa: il caso di Radio Maria

Ricevo da David e pubblico il seguente intervento che torna sul problema del rapporto tra fede e impresa.


Davvero l’automobile, piú che i mezzi pubblici, è un dono di Dio agli uomini di questo nostro tempo perché ci permette di trovarci per molti minuti o anche per intere ore soli con Lui. Questa mattina mentre guidavo sono “inciampato”, come spesso mi capita, su Radio Maria.

Quella che molti considerano con fastidio solo la “radio dove recitano sempre il rosario” è in realtà una delle stazioni radio piú seguite d’Italia, con una media di quasi 2 milioni di ascoltatori al giorno e punte di 4 milioni. E credimi, non sono solo vecchiette: mi risulta che sia ai primi posti fra i camionisti, gli studenti e i rappresentanti! Per costoro, ha costruito oltre 850 ripetitori sparsi in tutto il territorio nazionale, piú di qualunque altra radio italiana, persino piú della Rai! Nata come una semplice radio parrocchiale in quel di Como, si è dotata subito di identità e carisma particolari, che la rendono lontana dall’essere una delle tante emittenti cattoliche del paese. Leggiamo che cosa scrive di sé: “Pur costituendosi come associazione civile, fece fin dall’inizio una scelta radicale per un palinsesto che fosse completamente di ispirazione religiosa, col fine esplicito di animare la preghiera, di risvegliare la fede e di avvicinare i piú lontani a Dio e alla Chiesa. Questa scelta risultava allora controcorrente anche in rapporto alle altre radio cattoliche, dove le tematiche religiose erano piuttosto marginali nel palinsesto. Il fatto poi di ispirarsi al nome di “Maria” conferiva al progetto una profonda ispirazione mariana. Essa si concretizzata innanzi tutto nella convinzione dei dirigenti, dei conduttori, dei volontari e di gran parte degli ascoltatori che ci si trovasse di fronte a una emittente “dono di Maria” per tutta la Chiesa. Nel corso degli anni infatti è stato l’amore per la Madonna il motore dell’intero progetto, mentre il palinsesto si andava modellando come una forma di annuncio del vangelo sotto la guida di Maria, Madre della Chiesa”. Insomma, al di là di porsi l’etichetta di “cattolico” per poi razzolare un po’ ovunque, Radio Maria “ha scelto la parte migliore” e se la tiene stretta come la peccatrice del Vangelo che non molla i piedi del Signore.

Radio Maria fa tutto questo in modo globale: costituisce, infatti un network internazionale di radio che opera in cinque continenti, facendo capo all’Italia. Dagli Stati Uniti al Canada, dal Messico a Panama, dalle Filippine all’Indonesia, dal Libano alla Russia, dalla Spagna a Papua Nuova Guinea: la Catholica vanta poche opere di comunicazione sociale cosí diffuse e ben inculturate. Radio Maria, infatti, parla spagnolo in Texas, francese e arabo in Medio Oriente, italiano a New York, russo nella Federazione Russa, tagalog nelle Filippine ecc. Veramente, uno sforzo meraviglioso per confermare vieppiú che “tutte le generazioni... chiameranno beata” Maria di Nazareth!

Questa mattina Padre Livio Fanzaga, il padre scolopio che ne è fondatore e direttore, ha parlato in diretta all’assemblea dei dirigenti delle radio sorelle e, per noi che da alcune settimane riflettiamo su cattolicesimo e impresa (o, per dirla col nuovo presidente dello IOR, su “denaro e Paradiso”), ha detto molte cose interessanti.

Se togliamo l’aggettivo “commerciale”, Radio Maria è senza dubbio una gran bella impresa, visto che poggia esclusivamente sul lavoro di volontari non salariati e sulle donazioni, tutte quante di piccole dimensioni. Anche se non fa profitti, Radio Maria maneggia denaro, eccome. Il buon parroco comasco parlando al cuore dei sacerdoti che dirigono le radio ha detto qualcosa di istruttivo anche per tutti quegli uomini di Chiesa che disprezzano l’economia e non pensano che la Catholica debba avere a che vedere con l’impresa: lorsignori, forse, si fanno scrupoli quando devono raccogliere fondi per le loro parrocchie e le loro iniziative? Si tirano indietro quando hanno bisogno di donazioni? Certo che no: capiscono benissimo che la Chiesa per i propri progetti ha bisogno di soldi. Prima riflessione ispirata da Padre Livio: i soldi non cambiano odore se passano dalla mano di un imprenditore a quella di un parroco, non transitano da mammona a Dio. Perché allora non capire che l’imprenditore, al di là del fatto di fare donazioni per i poveri o no, può svolgere una grande funzione evangelizzatrice? L’impresa aperta al Signore, quella che rispetta i suoi comandi (giorno di riposo, paga giusta, rispetto delle leggi) ma anche quella dove la Verità può trovare terreno buono (cappellanie, Messe e cerimonie per le festività, disponibilità alla preghiera e alla Parola) è certamente, parafrasando le parole di un imprenditore sulla via degli altari, quel Martin che dette la vita a Santa Teresa di Lisieux, “il miglior investimento”.

Seguiamo ancora un po’ Padre Livio. Stamani con concretezza e fervore ha identificato il tesoro di Radio Maria, i suoi volontari e dirigenti: la radio ha successo dove i suoi capi sono piú capaci ed è in difficoltà là dove mediocri dirigenti portano avanti il progetto. Cattivi dirigenti gettano discredito o semplicemente fanno languire la radio; volontari non capaci non portano frutto. Quanto è importante quindi investire in formazione e nel miglioramento delle risorse umane. Il vero capitale non sono i soldi: quelli ci vogliono, ma vengono dopo. Prima di tutto ci sono gli uomini, che determinano il successo o meno di un’impresa, per quanto buona questa sia. Seconda riflessione ispirata da Padre Livio: l’imprenditore cattolico non è un caporale che assume dei salariati, ma qualcuno al quale verrà chiesto conto dei talenti ricevuti. Se non li avrà fratti fruttare e moltiplicati, il Padrone gli domanderà ragione della sua cattiva amministrazione, punendo eventualmente proprio lui. Ecco quindi uno spunto interessante: l’impresa “catholically correct” deve investire nella selezione, nella formazione e nel miglioramento delle risorse umane e trattarle come i poveri del Vangelo, quelli che sono “il vero tesoro” della Chiesa.

Se la responsabilità sociale è grande, altrettanto importante è la risposta: le risorse umane non sono meri esecutori, ma veri rappresentanti dell’impresa all’esterno. Radio Maria può privarsi di quelle risorse che non la rappresentano, ma semplicemente credono di vivacchiare come lo stolto che nasconde sotto terra il talento. L’ultima riflessione è proprio questa: l’impresa di chi (mi ripeto, lo so) vuol conquistare il mondo intero senza perdere la propria anima è solida e seria: “chi non raccoglie con me disperde” vale anche per quanti non rispondono seriamente alla proposta dell’imprenditore o all’imprenditore stesso che non sa scegliere il meglio. Pensiamo a quanti, senza scrupoli, non mettono sul mercato prodotti di qualità o addirittura distribuiscono articoli nocivi per i consumatori. Ma anche a quanti non vedono nel proprio lavoro una via di miglioramento sociale e spirituale, ma solo un dovere da compiere o peggio qualcosa da fare con trascuratezza.

Infine, Maria... La Vergine era sposa di un carpentiere o forse di un piccolo imprenditore che collaborava come terzista alla costruzione delle strade e dei palazzi romani. La Vergine prudentissima è senz’altro il miglior esempio per l’imprenditore attento. Parafrasando le parole di papà Benincasa alla figlia, la futura Santa Caterina da Siena: “Ti metti sotto la protezione di Maria? Di certo, miglior guida la tua impresa non avrà!”.


Non ho molto da aggiungere a quanto scritto da David. Anch’io, quando sono in Italia e mi trovo a viaggiare in auto, spesso lo faccio in compagnia di Radio Maria. La cosa che mi ha sempre colpito è che essa non è frutto di una pianificazione umana: nessuno ha mai concepito l’idea di mettere su un’impresa come quella di Radio Maria. Come giustamente ricorda David, essa doveva essere una semplice radio parrocchiale dell’Alta Brianza; ed è diventata un network internazionale! Guardate invece che cosa ne è dei grandi “progetti culturali”: Sat2000 e Radio in Blu, mi sapete dire chi le segue? E non mi risulta che esse vadano avanti grazie al volontariato e alle offerte degli ascoltatori. La lezione dovrebbe essere chiara: chi manda avanti la Chiesa non siamo noi, ma il divino Imprenditore. A noi non viene chiesto di elaborare progetti, ma di avere fede ed essere a disposizione per la realizzazione dei progetti del Capo.