mercoledì 31 marzo 2010

Bellezza e miserie di una madre

Alcuni mesi fa avevo riportato su questo blog una delle Massime di perfezione cristiana del Beato Antonio Rosmini. Visto il momento che stiamo vivendo, giova rammentarla: «TERZA MASSIMA: rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per disposizione di Dio riguardo alla Chiesa di Gesú Cristo, lavorando per essa secondo la chiamata di Dio» (il resto della lezione potete leggerlo qui).

Ma siccome pare che ormai il pregiudizio contro la Chiesa cattolica non sia piú soltanto il “passatempo nazionale” in America (benissimo ha fatto Francesco Colafemmina a riportare l’articolo scritto dall’Arcivescovo di New York Timothy M. Dolan per il New York Times, mai pubblicato), ma anche in Europa e fra gli stessi cattolici, ho pensato che sia opportuno riportare qui un’altra delle Massime di perfezione di Rosmini, e precisamente la seconda:


«SECONDA MASSIMA: Orientare tutti i propri pensieri e le azioni all’incremento e alla gloria della Chiesa di Gesú Cristo.

1. Il primo desiderio che nel cuore del cristiano viene generato dal desiderio supremo della giustizia, è il desiderio dell’incremento e della gloria della Chiesa di Gesú Cristo. Chi desidera la giustizia desidera tutta la possibile gloria di Dio desidera qualsiasi cosa sia cara a Dio. Ora, il cristiano sa per fede che tutte le compiacenze del Padre sono riposte nel suo unigenito Figlio Gesú Cristo, e sa che le compiacenze dell’unigenito Figlio Gesú Cristo sono riposte nei suoi fedeli, i quali formano il suo regno.

2. Dunque il cristiano non può mai sbagliare quando si propone tutta la Santa Chiesa come oggetto dei suoi affetti, dei suoi pensieri, dei suoi desideri e delle sue azioni. Egli conosce con certezza la volontà di Dio a questo proposito. Sa con certezza che la volontà di Dio è questa: che la Chiesa di Gesú Cristo sia il grande strumento per mezzo del quale il suo nome venga glorificato pienamente.

3. Il cristiano può dubitare circa qualunque cosa particolare se Dio voglia renderla strumento della sua gloria in un modo o in un altro. Ma riguardo a tutta la Chiesa di Gesú Cristo non può dubitare. Sa con certezza che essa è stabilita come il grande strumento e il grande mezzo della sua glorificazione davanti a tutte le creature intelligenti.

4. Non potrebbe essere altrettanto sicuro quando si trattasse di una sola parte non essenziale al grande corpo della santa Chiesa. Egli deve dare i suoi affetti a tutta intera l’immacolata sposa di Gesú Cristo, ma non allo stesso modo a tutto ciò che potrebbe formarne una parte e che Dio non ha manifestato se veramente e stabilmente le appartenga. Non deve amare illimitatamente e incondizionatamente nessun mezzo particolare, anche se, considerato in se stesso, potrebbe essere strumento per la gloria di Dio, se Dio volesse. Può darsi che Dio, le cui vie sono sconosciute ai pensieri e ai giudizi degli uomini, respinga da sé quel mezzo. Ma quando si tratta di tutta la Chiesa, non c’è piú dubbio: Dio la elesse come strumento della sua gloria senza alcuna possibilità di pentimento per tutta l’eternità. Dunque il compito del cristiano che si propone di assecondare la propria vocazione e di seguire la perfezione, e che ha deciso di non far altro che cercare in tutte le cose la gloria di Gesú Cristo, necessariamente consiste nell’impegnare le sue forze a servire unicamente la santa Chiesa. Ad essa deve pensare in ogni modo possibile; per essa deve desiderare di logorare le proprie forze e di versare il proprio sangue, imitando Gesú Cristo e i martiri. [...]

6. Il cristiano sa, per le parole di Gesú, che la Chiesa che è in cammino qui in terra è fondata su una pietra contro cui non possono prevalere le forze dell’inferno. È fondata sul capo degli Apostoli San Pietro e sui suoi successori, i Pontefici Romani, supremi Vicari in terra di Gesú Cristo. Dunque egli sa, per divina rivelazione, che questa sede fu scelta per beneplacito del suo divin Fondatore, e che perciò non può mai venir meno. Si può dire perciò che essa è diventata, per questa elezione, la parte essenziale della Chiesa di Gesú Cristo. Tutte le altre sue parti si possono considerare solamente come accidentali, perché, singolarmente prese, non hanno ricevuto la promessa infallibile di non dover perire per qualche tempo. Dunque il cristiano dovrà nutrire in sé un affetto, un attaccamento e un rispetto illimitato verso la Santa Sede del Pontefice Romano. Senza alcun limite dovrà amare e procurare la vera e santa gloria, l’onore e la prosperità di questa parte essenziale dell’immacolata sposa di Gesú Cristo [...]».


Si tenga presente che chi scrisse le Massime è lo stesso che scrisse pure, piú o meno negli stessi anni, Le cinque piaghe della Santa Chiesa, uno cioè che conosceva a fondo i mali che affliggevano la Chiesa del suo tempo e che, nonostante tutto, non esita a chiamare questo corpo piagato “l’immacolata sposa di Gesú Cristo”. È lo stesso che, nei medesimi anni, viene a piú riprese inquisito (e, dopo la sua morte, addirittura condannato) da quella Santa Sede, “parte essenziale della Chiesa di Gesú Cristo”, senza che ciò gli impedisca di continuare ad amare quella madre.

Le due cose — la legittima denuncia delle piaghe della Chiesa e l’amore per essa — devono sempre andare insieme. La prima non può esistere, in un cristiano, se non come conseguenza della seconda: solo chi ama la Chiesa, ne desidera la purificazione; chi non ama la Chiesa, ne mette in piazza le miserie non per purificarla, ma semplicemente per denigrarla, nel piú o meno celato desiderio di vederla morire.

L’amore per la Chiesa porta a desiderarne l’incremento e la gloria; in taluni casi esso può giustificare anche una certa discrezione e riservatezza, oggi da tutti liquidata sbrigativamente come “omertà”. Personalmente, ci andrei piano a sparare certi giudizi.

L’altro giorno il Corriere della sera ha riportato una frase “sfuggita” al Card. Saraiva Martins: «Perché dei vescovi hanno taciuto? Cerchiamo solo d’essere intelligenti e onesti: se in una famiglia c’è un membro mascalzone, chi è che in quella famiglia va in piazza a denunciare e metterlo alla berlina? Semmai si cerca di salvaguardare il buon nome della famiglia». Una frase imbarazzante in questi giorni, che è stata presto dimenticata da tutti e che lo stesso Cardinale si è affrettato a precisare; ma che nasconde un fondo di verità e di buon senso che, in altri momenti, chiunque sarebbe stato disposto ad accettare.

Io rovescerei il problema: chi è quel figlio che metterebbe in piazza le miserie di sua madre? (non si può dire? è politicamente scorretto? non me ne importa nulla: io lo dico lo stesso). Ciò non significa che si debba impedire alla giustizia (canonica e civile) di fare il suo corso. Ciò che rifiuto è il processo mediatico in atto contro la Chiesa, che nulla ha a che vedere con l’accertamento giudiziario delle responsabilità dei singoli colpevoli. Ciò che non accetto è l’insinuazione nell’opinione pubblica dell’idea che la Chiesa sia un’associazione a delinquere e che il clero sia una banda di pedofili.

Anche se — bisogna dire — a quanto pare anni e anni di campagna diffamatoria negli Stati Uniti non hanno poi avuto un grande effetto, se è vero che per la prossima Pasqua migliaia di persone si preparano a entrare nella Chiesa cattolica (ZENIT)...