mercoledì 8 settembre 2010

Pedofilia e pedofilia

Venerdí scorso, 3 settembre, Euronews dava notizia della condanna di sei vip portoghesi, accusati di abusi commessi, alla fine degli anni Novanta, su minori ospitati presso la “Casa Pia”, un antico orfanotrofio pubblico di Lisbona. Beh, pensavo, domani leggeremo con calma sui giornali i particolari della vicenda.

È passata quasi una settimana, ma sto ancora aspettando che la stampa italiana riporti la notizia. Se si fa eccezione per Avvenire, che le ha dedicato un trafiletto (si veda, nell’Archivio storico di Avvenire.it, a p. 16 del 4 settembre 2010), i “giornaloni” l’hanno completamente ignorata. Tamquam non esset. Eppure, si sarebbe pensato che, dopo la mobilitazione generale che si è avuta contro la pedofilia nei mesi scorsi — che ci ha resi tutti piú sensibili verso questo crimine — fosse una notizia che avrebbe meritato una qualche attenzione. Dopo tutto, è pur sempre uno scandalo che in Portogallo da diversi anni sta avendo una notevole risonanza. Per farvi un’idea di che cosa si tratta, leggete questo articolo di Wikipedia. Come potete vedere, si tratta di una vicenda che meriterebbe per lo meno il trafiletto di Avvenire. E invece no. Alla stampa italiana non interessa nulla delle vittime dei vip portoghesi.

Ci hanno fatto una testa cosí per mesi e mesi sulle vittime di sconosciutissimi preti, vissuti cinquant’anni fa nelle piú remote regioni degli Stati Uniti e dell’Irlanda; hanno pubblicato i dossier dove venivano descritti per filo e per segno tutti i dettagli degli abusi; si sono stracciate le vesti per la corruzione che cova all’interno della Chiesa cattolica; hanno preteso che tutti ci indignassimo per l’efferatezza di certi abusi… e adesso che un tribunale condanna sei vip che hanno abusato per anni di bambini abbandonati in una grande capitale europea, tutto tace. Oibò, c’è qualcosa che non torna.

Qualcuno penserà di aver già capito dove voglio arrivare: nei mesi scorsi si trattava di preti cattolici; ora si tratta di gente comune. E invece no, non è tanto questo che mi indigna. Dobbiamo dare atto che, nel bel mezzo della campagna contro la pedofilia nella Chiesa cattolica, c’era sempre qualche benpensante che riconosceva che la pedofilia non era monopolio dei preti, ma era diffusa anche fra gli insegnanti, gli allenatori sportivi, i capi scout, i pastori protestanti e i rabbini ebrei, per non parlare della pedofilia all’interno della famiglia. E noi tiravamo un sospiro di sollievo, pensando: beh, beh, beh, allora non siamo soli. Mal comune, mezzo gaudio.

Ma non ci accorgevamo che tutte le categorie appena elencate sono in genere composte di “poveracci”. Nessuno ci ha mai parlato invece della pedofilia d’alto bordo: rock star, registi, direttori d’orchestra, ministri, primi ministri, capi di stato… In questi casi, o non se ne parla affatto (come nel caso dei politici) o, se se ne parla, lo si fa per difendere, se non addirittura osannare, i colpevoli (si vedano i casi di Michael Jackson e Roman Polanski). 

Questo spiega come mai il silenzio è caduto sulla vicenda portoghese: non si tratta di poveracci, si tratta di vip. Fra i quali, a quanto pare, la pratica della pedofilia è piuttosto comune. Qualcuno arriva a dire che si tratterebbe di un vero e proprio “rito di iniziazione”. Non so se ci sia ancora qualche anima bella che pensi che alla base della carriera ci siano i meriti della persona: se vuoi far carriera le tue doti valgono men che nulla; semmai, sono un impedimento. La regola è: meno vali, piú fai carriera. L’importante è entrare nel “giro” giusto. È ovvio che, per poter avanzare, ti venga chiesto di sottoporti a determinate prove, tra le quali non è da escludere che ci possa essere anche la pedofilia. Perché? Il motivo mi sembra abbastanza evidente: perché cosí sei ricattabile. Se non sei ricattabile, non farai mai strada; se lo sei, puoi arrivare ai livelli piú alti della società, perché sono certi — quelli che hanno in mano le leve del vero potere — che farai sempre e solo quello che vogliono loro.