mercoledì 25 ottobre 2017

La balcanizzazione della liturgia



Forse qualche lettore si chiederà come mai non ho ancora scritto nulla sulla recente lettera di Papa Francesco al Cardinale Sarah, pubblicata dalla Nuova Bussola Quotidiana. In questo momento preferisco astenermi da qualsiasi commento. Ciò che avevo da dire sul motu proprio Magnum principium l’ho detto a suo tempo (qui). L’inusuale intervento pontificio non fa che confermare la mia interpretazione del motu proprio, che si differenziava da quella dei soliti bene informati, che all’epoca si sforzavano di minimizzare la portata del documento. Mi sembra invece utile mettere a disposizione di tutti la mia traduzione di un’intervista sull’argomento al Dott. Peter Kwasniewski del Wyoming Catholic College, pubblicata ieri sul sito LifeSite.
Q


Quali potrebbero essere le ripercussioni della lettera pubblica con cui Papa Francesco corregge il Cardinal Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto divino, per aver cercato di imbrigliare il nuovo decentramento liturgico del Papa?

Per ampliare la prospettiva sul significato e il possibile impatto della lettera del Papa al Cardinale, abbiamo parlato col Dott. Peter Kwasniewski, scrittore prolifico e conferenziere internazionale sulla liturgia, e allo stesso tempo cantore, direttore del coro e compositore di musica sacra.

Dott. Kwasniewski, qual è, secondo Lei, l’aspetto piú significativo della lettera di Papa Francesco al Cardinal Sarah?

L’aspetto di gran lunga piú significativo è lo spiccio accantonamento di Liturgiam authenticam, che è stato il frutto di anni di reazione a enormi difficoltà ed errori da parte di molte traduzioni. La traduzione originaria ICEL [= International Commission on English in the Liturgy] del Messale Romano e di altri libri fu una patetica parodia dei testi originali e portò al radicamento di numerose cattive abitudini mentali e liturgiche (un Vescovo una volta disse a un membro dell’originaria ICEL: «Vedo il dinamismo, ma dov’è l’equivalenza?» [si fa riferimento alla cosiddetta “equivalenza dinamica” in contrapposizione alla “corrispondenza formale”: qui]). Il processo che ha portato alla nuova traduzione inglese sarà pure certamente imperfetto da non pochi punti di vista, ma almeno ha assicurato una sostanziale corrispondenza nella lex orandi. Io ancora noto, quando partecipo a Messe OF [= forma ordinaria del Rito Romano o Novus Ordo], quanto piú ricchi e piú cattolici sono ora i testi, nonostante i loro residui difetti a paragone con il Messale Romano tradizionale. Nella lettera del Papa al Cardinal Sarah, è chiaro che i principi per cui Wojtyla e Ratzinger hanno combattuto vengono ritirati o messi da parte in modo che possiamo tornare agli anni Settanta — “sempre indietro, mai avanti” sembra essere il motto dei progressisti liturgici, che sono bloccati a una certa mentalità da “spirito del Concilio” e non sanno andare oltre la ristretta agenda caratteristica di quella fase.

Potrebbe spiegare per i lettori quali principi di Liturgiam authenticam sono stati cambiati?

Liturgiam authenticam sembra essere stata un tentativo di fermare la balcanizzazione e la banalizzazione del culto che aveva preso il sopravvento in quasi ogni lingua, con la elevata bellezza dei testi liturgici ridotta a caricature da fumetto (p. es., «he took the cup» [letteralmente, “coppa”, ma anche “tazza”, termine con cui si traduceva “calice” nella precedente traduzione] invece di «egli prese questo prezioso calice nelle sue mani sante e venerabili»). Liturgiam authenticam sosteneva che era assolutamente necessario che la Santa Sede avesse l’ultimo controllo sulla traduzione dei libri liturgici, e che il Vaticano poteva e doveva fare la revisione finale dei testi, con la possibilità di cambiarli. Magnum principium e quest’ultimo chiarimento, a dir poco, aprono la porta a un annullamento di quella correzione di rotta a lungo attesa.

Come la Chiesa prega, cosí essa crede. Quali effetti a lungo termine potrebbero avere questi cambiamenti sulla fede dei fedeli?

Quando leggiamo la frase “legittimi adattamenti”, dovremmo riconoscerla come una specie di linguaggio in codice per un’inculturazione sperimentale che spezza la sostanziale unità del Rito Romano. Anzi, questo è stato già fatto dalle centinaia di traduzioni già esistenti cosí come dalla pletora di opzioni presente nei nuovi libri liturgici, ma nelle recenti mosse vediamo un’accelerazione del regionalismo e del pluralismo.

Le conferenze episcopali hanno già un potere esorbitante, che ha ridotto il ruolo e la responsabilità dei singoli vescovi e del Papa. Esso non si concilia col principio di sussidiarietà, perché ciascun vescovo è sovrano nella sua diocesi e il Papa è sovrano sulla Chiesa intera; le conferenze episcopali sono semplici meccanismi burocratici, che non hanno alcuna funzione, autorità o responsabilità innate. Le si potrebbe paragonare alla differenza fra le singole nazioni sovrane e le Nazioni Unite. Già al Concilio Vaticano II, quando alcuni dei Padri espressero il desiderio che agli episcopati nazionali fosse conferita una maggiore autorità indipendente da Roma, altri Padri risposero dicendo che questo avrebbe frammentato la Chiesa nell’espressione della fede.

Piú profondamente, la messa in questione di Liturgiam authenticam, n. 80 in particolare è una continuazione della recente spiegazione del Papa dello sviluppo dottrinale, dove mette da parte il principio perenne di San Vincenzo di Lerino, spesso citato dai precedenti Papi, che ogni volta che si dice qualcosa di nuovo — e noi potremmo considerare una traduzione liturgica come dire una cosa nuova — dovrebbe sempre essere in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia, dovrebbe cioè esprimere la stessa dottrina, lo stesso significato e lo stesso giudizio. Questo non è assolutamente il modo in cui i progressisti pensano a proposito delle definizioni dogmatiche, degli insegnamenti morali o dei testi liturgici. Tutte queste cose per loro si possono continuamente adattare, cambiare e anche contraddire, a seconda del supposto “progresso” della società, della cultura e della mentalità. Si tratta di un punto di vista intrinsecamente evoluzionistico, debitore di Hegel e di Darwin, dove si può avere un uccello da un pesce. Che questo sia vero o no nel mondo naturale, non è stato mai ritenuto vero a proposito della sacra dottrina.

Dott. Kwasniewski, Lei ha scritto ampiamente sulla crisi liturgica dopo il Vaticano II. Quali prevede potrebbero essere le ripercussioni della lettera del Papa e dei suoi contenuti?

Appellarsi alla “comprensione del testo [liturgico] da parte dei destinatari” rischia di reintrodurre il razionalismo che ha fatto della liturgia cattolica un deserto. La liturgia, come mistero divino e opera di Dio in mezzo a noi, non può essere compresa da nessun uomo e neppure da nessun angelo. Ci sono vari modi [per entrare] nella liturgia, attraverso i cinque sensi e l’intelletto; naturalmente essa dovrebbe offrire ai fedeli delle “maniglie” che essi possono afferrare per seguire i riti che si svolgono. Ma una liturgia che punta a essere semplice e immediatamente comprensibile è destinata all’impoverimento, alla superficialità e alla noia. Non c’è nulla che possa affascinare, sconcertare, stimolare o ricompensare il partecipante. Nella liturgia noi aspiriamo a indossare la mente di Cristo, che è il lavoro di una vita. Dobbiamo passare attraverso l’oscurità e la luce, le idee e i sentimenti, il silenzio, il vuoto, l’autodisciplina, la sofferenza, sostenuti dalle ricche risorse della nostra tradizione bimillenaria. La riduzione della liturgia a una cosa normale, orizzontale, ordinata e di facile “comprensione” è il grande errore e il flagello degli ultimi 50 anni.

D’altra parte, alcuni sostengono — e io non so quanto siano fondate le loro affermazioni — che il nuovo processo predisposto da Papa Francesco renderà piú difficile ottenere una nuova traduzione, perché richiederà il consenso unanime dell’intera conferenza episcopale, piuttosto che essere nelle mani di un comitato ristretto che lavora in tandem con la Congregazione per il Culto divino per ottenere l’approvazione di quest’ultima. Se questo è vero, renderà i cambiamenti locali piú difficili, il che è probabilmente una cosa buona a questo punto. Sinceramente, non posso immaginare che i vescovi statunitensi vogliano in generale fare un’altra traduzione, o una sostanziale modifica dell’attuale traduzione, cosí presto dopo che questa è stata promulgata come il risultato finale di un processo irragionevolmente lungo. Penso che non vedremo cambiamenti immediati. Il vero motivo di preoccupazione, mi sembra, è che questo sia un ulteriore elemento in una piú vasta campagna per disfare il lavoro riformatore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che è stato, per molti versi, troppo limitato e arrivato in eccessivo ritardo, ma, con tutto ciò, è oggetto di odio accanito da parte di quelli che non hanno mai digerito il “conservatorismo” o addirittura il “tradizionalismo” di Wojtyla e Ratzinger.

C’è qualcos’altro che Lei vorrebbe aggiungere?

Mi viene in mente che c’è qualcosa di importante da dire. Come sapete, il Cardinal Marx ha detto che Magnum principium libera le conferenze episcopali e rende Liturgiam authenticam lettera morta (qui). Il Cardinal Sarah ha dissentito pubblicamente con Marx su questo punto; e ora Papa Francesco manda il segnale che lui sta dalla parte di Marx piuttosto che di Sarah, come precedentemente aveva appoggiato la posizione del Cardinal Kasper sulla comunione ai divorziati risposati. In tal modo, il Papa sta sempre piú chiarendo che lui sta fondamentalmente con la gerarchia tedesca, conosciuta per essere una delle piú liberali al mondo, sulle questioni scottanti del giorno.

Fonte: LifeSiteNews